VIBO VALENTIA e la sua Marina

Vibo Valentia, crocevia di tutte le possibili vie di comunicazione (dall’autostrada A2 SA-RC alla linea ferroviaria, dal suo moderno porto turistico e commerciale al vicino aeroporto internazionale di Lamezia Terme), sorge sul versante nordorientale del monte Poro, in prossimità dei Monti delle Serre. Nel Golfo di Sant’Eufemia e lungo la splendida Costa degli Dei.

Infatti Vibo Marina, il suo quartiere marittimo, è un’apprezzata località balneare, che ricade nel Parco Marino Regionale Fondali di Capo Cozzo (Zambrone) S. Irene (Briatico) − Vibo Marina − Pizzo − Capo Vaticano (Ricadi)Tropea(comprendente altresì il comune di Parghelia), caratterizzato da estese praterie di posidonia; alta biodiversità (scorfani, saraghi, occhiate, polpi, murene, pagelli, orate, mormore, cernie, anche di notevoli dimensioni; in primavera e autunno passaggio di tonni, ricciole, palamite, nonché di delfini e stenelle); reperti di archeologia subacquea. E nel Sito di Interesse Comunitario Zona costiera tra Briatico e Nicotera (che comprende i comuni di Vibo Valentia, Briatico, Zambrone, Parghelia, Tropea, Ricadi, Joppolo e Nicotera), caratterizzato da scogli e falesie di notevole pregio ambientale.

La cittadina, erede della Hipponion magnogreca e della Vibo Valentia romana, conserva le rovine del porto romano, preceduto nel tempo da strutture portuali magnogreche e rimasto attivo fino al Quattrocento. I ruderi di una villa romana (II sec. d.C.) e di edifici romani di epoca imperiale. Sepolcri di età ellenistico-romana e una necropoli romana (databile tra il II sec. a.C. e il II d.C.), con circa 90 sepolture, verosimilmente di schiavi. Nonché i resti della torre costiera di S. Pietro Tomarchiello e della torre saracena di Santa Venere. In effetti Vibo Marina (che ha cambiato nome dopo che Vibo Valentia ha ripreso l’antica denominazione romana, nel 1928) si è chiamata a lungo Porto Santa Venere. Un toponimo dall’origine misteriosa, che comunque si collega alla statuetta mutilata (datata tra la seconda metà del II sec. e il III sec. d.C.), collocata sul suo corso principale (e in passato su una fontana), raffigurante Arianna dormiente, ma da sempre identificata con “Santa Venere”. Una Santa che, in realtà, non esiste, mentre è esistita Santa Venera, Martire paleocristiana, a cui il borgo vibonese, in passato, ha dedicato una chiesetta.

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