CATANZARO e gli Itali

Catanzaro venne fondata dai Bizantini, alla fine del IX secolo, come borgo fortificato contro i saraceni, ma questa zona fu abitata fin dall’età del Ferro, da una popolazione che, adorando il simulacro di un vitello, forse originariamente si chiamò “Vituli”, per poi derivare il nuovo nome di “Itali” dal termine “italós”(ovvero “toro” tanto in greco arcaico che in etrusco) oppure dal re enotrio Italo, secondo un’altra interpretazione, che perciò vuole gli Itali collegati agli Enotri, uno dei più antichi e potenti popoli che i Greci trovarono in Calabria al momento della colonizzazione, insieme agli Ausoni. E la regione abitata dagli Itali, che si espandeva dallo Stretto di Messina fino all’Istmo di Catanzaro (o di Marcellinara), si chiamava Italia, denominazione che, con l’avanzare dei Romani, si estenderà a tutta la penisola italica. Con la conquista normanna (XI sec.), ad opera di Roberto il Guiscardo, Catanzaro divenne sede di contea e importante centro per la manifattura della seta. Federico II di Svevia (XIII sec.) ne fece, in seguito, un diretto possesso della corona, affidandola in feudo a potenti famiglie della regione. Durante il dominio aragonese (XV sec.) la città visse un’epoca di grande prosperità, sempre per via della fiorente arte della seta, grazie anche alla presenza in città di un’importante comunità ebraica, con le sue indiscusse abilità artigianali e commerciali, con la sua giudecca e la sua sinagoga. Nel 1528, resistendo all’attacco francese del maresciallo Lautrec, Catanzaro meritò da Carlo V d’Asburgo il titolo di “fedelissima”.

Sotto la dominazione spagnola la città conobbe una lunga fase di decadenza, aggravata dalla peste del 1668 e dal terremoto del 1783. Così (anche a causa della lavorazione industriale, che soppiantò quella artigianale), iniziò la lunga e inesorabile agonia dell’arte serica a Catanzaro, nota, tra il Trecento e il Settecento (quando la città contava ben 7000 setaioli e 1000 telai), come la “capitale europea della seta”. Infatti i tessuti (velluti, damaschi, organze, broccati) realizzati nei suoi laboratori, straordinariamente colorati, fregiati da motivi orientaleggianti oppure ispirati all’arte rinascimentale italiana, erano talmente pregiati da essere richiesti nelle principali Corti d’Europa e da venire nominati negli atti notarili e testamentari subito dopo i gioielli. Grandi promotori di questa fiorente industria catanzarese, che impiegava gran parte della popolazione, sia cittadina (nel commercio e la tessitura) che rurale (nella coltivazione del gelso, l’allevamento del baco da seta e la “trattura” del filo dal bozzolo), furono Federico II; Carlo V (che, nel 1519, istituì il “Consolato della Seta”, per regolamentare ogni passaggio della filiera produttiva, in moda da tutelare la qualità dei manufatti); i privilegi fiscali di cui poté godere a lungo; gli investimenti degli ebrei, ma anche di alcuni intraprendenti amalfitani.

La rinascita economica di Catanzaro scattò nel breve periodo napoleonico e si consolidò sotto il redivivo governo borbonico. Successivamente la città fu molto attiva nella Carboneria, nella Giovane Italia di Mazzini e prese parte ai moti del 1820-21, del 1848 e del 1860. Il 31 agosto 1860 Catanzaro accolse Nino Bixio con le brigate garibaldine e, poi, si unì al Regno d’Italia. Con l’Unità d’Italia la città diventò un importante centro amministrativo, ma risentì del triste fenomeno del brigantaggio.

 

 

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