La Calabria è il cuore della Magna Grecia. Difatti, a partire dall’VIII secolo a.C., essa (grazie al clima mite, l’abbondanza d’acqua, le ampie pianure, i suoi porti naturali) rappresentò una delle mete più ambite per il movimento migratorio che portò i Greci a lasciare la terra d’origine (ormai incapace di sfamare la crescente popolazione) e a cercare fortuna nell’Italia Meridionale. In realtà mercanti e navigatori greci avevano già visitato le coste calabresi in epoca micenea (XIV/XII sec. a.C.), ma senza mai stabilirvisi.
Rhegion (attuale Reggio Calabria) fu fondata dai Calcidesi nel 730 a.C.. Sybaris (Sibari) e Kroton (Crotone) furono edificate dagli Achei verso il 710 a.C.. Locri Epizefiri (Locri) fu fondata intorno al 673 a.C., presso il promontorio Zefirio (odierno Capo Bruzzano), da coloni provenienti dalla Locride (povera e montuosa regione della Grecia centrale), che poi spostarono il nuovo insediamento vicino alla fiumara Portigliola. Per consolidare la propria potenza Sibari, Crotone e Locri si crearono delle subcolonie, importando in Calabria il regime democratico delle poleis greche (città-stato autonome, rette da un’aristocrazia). Così, considerando solo il territorio calabrese, Sibari fondò, tra l’altro, Laos (Marcellina, fraz. di S. Maria del Cedro), Skidros (Buonvicino), Temesa (Campora San Giovanni, fraz. di Amantea); Crotone fondò Terina (Lamezia Terme), Skylletion (Roccelletta, fraz. di Borgia), Kaulon (Monasterace Marina, fraz. di Monasterace), Petelia (Strongoli), Krimisa (Cirò); Locri fondò Medma (Rosarno) e Hipponion (Vibo Valentia). Ben presto la rete delle colonie greche del Sud Italia superò la madrepatria per potenza, civiltà, ricchezza, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Magna Grecia”. E da arrendersi solo allo strapotere dei Romani, nel III secolo a.C., dopo anni di resistenza.
Nel VI secolo a.C. Kroton, supportata da Kaulon, entrò in conflitto con Locri, ma i Locresi, malgrado la netta inferiorità numerica, con l’aiuto di Rhegion, Medma e Hipponion, ebbero la meglio (550 a.C.) nella battaglia del fiume Sagra. Dopo questa dura sconfitta Crotone si risollevò, grazie all’ordinamento aristocratico imposto da Pitagora (filosofo, matematico, astronomo, scienziato, politico, taumaturgo, che dall’isola greca di Samos si era trasferito in Magna Grecia, fondando a Kroton la sua celebre scuola). E affrontò Sybaris, sconfiggendola (510 a.C.) nella battaglia sul fiume Traente (odierno Trionto) e distruggendola, addirittura profanandone il tempio di Atena e deviando il corso del fiume Crati affinché la cancellasse. Sibari venne poi rifondata con il nome di Thurii, nel 446 a.C., da Pericle (protagonista dell’età d’oro di Atene, nel V sec. a.C.), che per riorganizzare la colonia vi spedì il suo grande amico Erodoto. Alleata di Atene nella guerra contro Siracusa, Thurii, nel 389 a.C., fu attaccata dai Lucani (antichi abitanti della Basilicata), alleati dei Siracusani e fu in parte distrutta. Passò quindi ai Romani, che la chiamarono Copia (abbondanza), per la prosperità del suo territorio.
Nel V secolo a.C. Reggio visse il suo acme sotto il tiranno Anassilao, che conquistò Zancle (Messina) sognando la nascita di un impero dello Stretto di Messina. Locri, sentendosi minacciata, chiese aiuto a Dionisio I di Siracusa, che sposò un’aristocratica locrese per sancire l’alleanza e che, caduto Anassilao, distrusse Reggio (387 a.C.), deportandone gli abitanti a Siracusa; fu suo figlio, il terribile Dionisio II, a ricostruirla, con il nome di Febea (città di Apollo). Poi Reggio, socia navalis di Roma già in età greca, in epoca imperiale divenne municipio romano, pur mantenendo lingua e cultura ellenica.
Locri conobbe il suo periodo migliore nel IV secolo. Nel III, come un po’ tutte le città magnogreche, fu costretta a chiedere aiuto a Roma per fronteggiare i Bruzi (antichi abitanti della Calabria) e altre popolazioni indigene come i Sanniti (antichi abitanti dell’attuale Sannio, in provincia di Benevento) e i Lucani, che ormai rappresentavano un pericolo. Così nel 282 a.C. ricevette un presidio militare romano e nel 205 a.C. divenne municipio.
Crotone, decaduta dopo la cacciata di Pitagora e, infine, conquistata da Dionisio I di Siracusa (378 a.C.), nel 194 a.C. divenne colonia romana.
I calabresi magnogreci si affermarono nell’agricoltura (si pensi alla coltivazione dei legumi nel crotonese, a quella del grano nelle zone di Locri, Vibo Valentia e Rosarno, alla produzione di olio e vino un po’ ovunque), nella zootecnia (si pensi ai famosi allevamenti di cavalli locresi e sibariti), nell’artigianato (si pensi alle ceramiche di Locri e di Reggio, alle terrecotte di Medma, agli specchi locresi), negli scambi commerciali, vendendo, un po’ in tutto il Mediterraneo, alimenti (soprattutto cereali), prodotti artigianali (come tessuti pregiati), materie prime (marmo, legno, metalli). Eccelsero nello sport (partecipando sempre ai giochi sportivi di Olimpia, Delfi) e nella cultura, tant’è che le loro città avevano almeno una biblioteca e vari centri per lo studio delle arti e delle scienze. Inoltre la Magna Grecia produsse in Calabria molte personalità illustri, come Filippo il Medmeo, matematico, filosofo e astronomo di Medma, discepolo di Socrate, segretario personale, traduttore e primo biografo di Platone. A Reggio nacquero il poeta Ibico, uno tra i principali del mondo greco antico e Pitagora di Reggio, il più celebre bronzista dell’Occidente greco, forse autore dei Bronzi di Riace e allievo di Clearco di Reggio. A Locri, Zaleuco, il primo legislatore occidentale ad aver creato un codice scritto di leggi e pene, Nosside, la maggiore poetessa della Magna Grecia, il pugile Eutimo, vincitore di tre Olimpiadi, omaggiato con una statua a Olimpia, venerato come un eroe mitologico. A Crotone, i medici Democede e Alcmeone, considerati tra i capiscuola della medicina antica e atleti come Timasiteo di Crotone, unico pugile ad aver vinto lotta e pancrazio insieme oppure il valoroso condottiero Milone, lottatore e pugile imbattuto per oltre vent’anni, vincitore di sette Olimpiadi. Del resto Crotone nei Giochi Olimpici dell’Antichità conquistò più medaglie di tutte le città greche e magnogreche (Sparta esclusa), e questo soprattutto grazie ai pitagorici che, credendo nella trasmigrazione dell’anima e avendo, quindi, particolare cura del corpo e dell’alimentazione, formarono una schiera di valenti atleti, e medici, in città.