Rosarno discende dalla colonia magnogreca di Medma, fondata (VI sec. a.C.) dalla potentissima Locri, vicino alla foce del fiume Mésima (da cui forse la polis prese il nome). Più tardi i Locresi, sempre nella valle del Mésima (importante asse fluviale del versante tirrenico, dotato probabilmente di un piccolo porto), fondano Hipponion (odierna Vibo Valentia). Insieme a Hipponion, Medma nel 550 a.C. partecipa alla battaglia del fiume Sagra contro Crotone, al fianco di Locri e nel 422 sconfigge gli stessi Locresi (pare anche con l’aiuto di Crotone). Nel 389 a.C. viene conquistata da Dionisio I di Siracusa, alleato di Locri, che deporta buona parte dei medmei a Zancle (Messina). Ma Medma resta comunque un importante centro agricolo, che arriva a battere moneta e che sopravvive almeno fino al I secolo a.C., quando Plinio il Vecchio la cita, con il nome di Mesma. In seguito la sua popolazione l’abbandona progressivamente, per scendere sulla costa e fondare Nicotera.
Fu il celebre archeologo roveretano Paolo Orsi, un secolo fa, a identificare Rosarno con l’antica Medma. Un vivace centro agricolo e commerciale, famoso in tutta la Magna Grecia per i raffinati manufatti in argilla della sua Scuola Artigiana, capace di affrancarsi rapidamente dall’illustre cultura figurativa locrese e di creare un suo stile originale. Una città di 4.000 abitanti, con strade larghe anche una quindicina di metri, solo in parte esplorata e oggi ricompresa nel Parco Archeologico di Medma-Rosarno. Gli scavi hanno già portano alla luce i resti di edifici sacri e privati, tratti di strade lastricate, decine di pozzi e fornaci. Due favisse (depositi di oggetti votivi in prossimità dei santuari), che hanno restituito ceramiche, statuette e reperti in metallo (tra cui grandi busti femminili con occhi a mandorla e sorriso misterioso), decine di figurine e teste di cavallucci fittili. Una terza area sacra, dove sono state rinvenute numerose statuette di banchettanti nell’inconfondibile stile dei maestri figulini medmei. Una necropoli (V-IV sec. a.C.), che, tra l’altro, ha rilasciato alcune arule (altarini portatili in terracotta) di produzione locale, con scene di zoomachia o ispirate a tragedie ateniesi (come Tyro vendicata dai figli nel santuario di Hera; Piritoo custodito nell’Ade; Perseo che concerta con Cefeo prima di salvare Andromeda), a riprova degli ottimi rapporti tra Medma e la capitale attica.
Nel Parco Archeologico, il Museo Archeologico Nazionale di Medma-Rosarno (che ha per logo una testa femminile, must iconografico della coroplastica medmea) conserva solo in parte i ritrovamenti rosarnesi, per il resto sparsi in prestigiose istituzioni nazionali e straniere (Reggio Calabria, Siracusa, Vibo Valentia, Taranto, Rovereto, Napoli, New York, Londra, Parigi, Basilea, Ginevra, Sidney, Bonn), anche perché nella zona, a partire dall’Ottocento, un’autentica spoliazione di pezzi antichi ha portato alla dispersione di molto materiale archeologico. Tra i reperti di maggiore interesse esposti nel Museo di Medma-Rosarno troviamo splendide opere fittili della Scuola Artigiana di Medma; i preziosi vasi della collezione Gangemi; armi in ferro; gioielli e unguentari per profumi, in colorata pasta vitrea, di fattura fenicia, a testimonianza degli stretti rapporti commerciali tra Medma e il Mediterraneo orientale.