La Calabria Judaica ha una storia millenaria, che parte dalla Magna Grecia, meta privilegiata per molte comunità ebraiche, specie in occasione delle diaspore causate dalla distruzione di Gerusalemme da parte del re babilonese Nabucodonosor (587 a. C.), durante la guerra contro l’Egitto per la conquista della Siria, e dell’imperatore romano Tito (70 d.C.), durante la prima guerra giudaica. Gli Ebrei giunsero numerosi in Calabria pure al tempo dei Bizantini e soprattutto dei Normanni/Svevi, quando Enrico VI e suo figlio Federico II riservarono loro un trattamento di favore per incrementare l’industria della seta, della tintoria, del cotone, della canna da zucchero, della carta e, più in generale, per sviluppare l’economia locale. Gli Ebrei, infatti, esclusi dalla proprietà immobiliare, dalla vita pubblica e dalla carriera militare, potevano praticare soltanto la professione medica, le attività artigianali, commerciali e il prestito di denaro a interesse, occupazioni in cui essi eccellevano più di chiunque altro, raggiungendo anche paesi lontani con i loro traffici. Inoltre gli Ebrei, con i tributi che dovevano pagare per godere della libertà di culto, rimpinguavano le esauste casse statali. Perciò Federico II di Svevia, che pure estese al suo regno l’obbligo (sancito dal Quarto Concilio Lateranense) di portare un segno distintivo per gli Ebrei (esentando solo medici e prestatori di denaro), pose questi ultimi e i Saraceni sotto la sua tutela per difenderli dalle persecuzioni. Gli Angioini, invece, impossessatisi del Regno di Napoli con l’appoggio del papato, si adoperarono per la loro conversione alla fede cattolica, favorendo in ogni modo chi operava questa scelta.
Lo storico Nicola Ferorelli ha stimato che in Calabria nel 1481 venivano tassati 12.187 Ebrei e che alla fine del XV secolo, mentre proliferavano importanti comunità ebraiche a Altomonte, Amantea, Belcastro, Catanzaro, Cirò, Crotone, Maida, Nicotera, Nicastro, Reggio Calabria, Rossano, Sellia, Simeri, Squillace, Stilo, Taverna, gli Ebrei erano diventati 25.000. In effetti dopo l’editto di espulsione degli Ebrei emanato da Isabella di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona (1492), il Regno di Napoli e in particolare la Calabria divennero rifugio ideale per gli esiliati ebraici, ma fino alla conquista spagnola del 1503, quando i cattolicissimi e potentissimi sovrani di Spagna li espulsero anche dal Sud Italia (1510), privato, così, di un fiume di denaro, che fino ad allora aveva finanziato la pesca, l’agricoltura, l’estrazione di sale (a Montalto, Santa Severina, Altilia) e di minerali metalliferi (ferriere di S. Vito e di Galatro; argenterie di Longobucco, Altomonte e Crichi). D’improvviso le giudecche (quartieri ebrei) calabresi si spopolarono, pure perché nel 1514 vennero espulsi dal Regno di Napoli anche i marrani (ebrei battezzati). Tuttavia alcune comunità ebraiche rimasero in Calabria, rifugiandosi nelle zone interne (Zangarona, Vena di Maida, Amato, Gizzeria, Martirano, nella valle del Salso a Conflenti) e, mescolate alla popolazione locale, albanese e grecanica, continuarono a esercitare i loro antichi mestieri (tranne l’usura) e il loro culto, ovviamente in segreto.
La Calabria Judaica vanta una serie di primati. Come la prima opera in ebraico con indicazione di data (ovvero il commento alla Torah del grande esegeta Rashi), stampata a Reggio Calabria (dalla tipografia di Avraham ben Garton ben Yishaq) nel 1475, conservata nella Biblioteca Palatina di Parma e fruibile, tramite copia anastatica, nella Biblioteca Pietro De Nava a Reggio Calabria. Come il più antico edificio sinagogale del Vecchio Continente dopo quello di Ostia Antica (I sec. d.C.), costruito a Bova Marina nel IV secolo d.C. e andato distrutto nel VI per un incendio, le cui rovine, ricche di magnifici mosaici, sono ora visibili nel Parco Archeologico Archeoderi (corredato di un Antiquarium e di un Centro di Documentazione per il Patrimonio Culturale e l’Ebraismo). Altri importanti segni del grande passato giudaico calabrese sono esposti ai Musei Archeologici Nazionali di Reggio Calabria e di Vibo Valentia, al Museo Archeologico Nazionale di Scolacium a Borgia, all’Antiquarium Leucopetra di Motta San Giovanni, che custodisce i reperti di un insediamento giudaico-cristiano del IV-VI sec. d.C..
Anticamente la Calabria ha ospitato numerose sinagoghe, ufficiali (a Bova Marina, Reggio Calabria, Cosenza, Castrovillari, Montalto Uffugo, Gerace, Crotone, Rossano, Catanzaro, probabilmente a Caccuri e Lamezia Terme) e segrete (a Castrovillari, forse a Serrastretta), durante le persecuzioni, nonché innumerevoli giudecche, a cominciare da quella di Nicotera, restaurata di recente. Molte testimonianze certificano l’antica presenza di un quartiere ebraico a Cosenza, nell’area tra il Monastero delle Vergini, via Padolisi e corso Telesio, a Reggio Calabria, nella zona tra via Biagio Camagna, corso Garibaldi e via Fata Morgana (dov’è anche presente una Via Giudecca), e molti toponimi calabresi testimoniano la presenza di Ebrei sul posto. Ad esempio, il Fosso Scannagiudei, probabile luogo di sepoltura o sterminio ebraico, a Caccuri. Il Timpone di Lamezia Terme, uno sperone roccioso posto tra due torrenti dove, dall’XII al XVI secolo, vissero 50.000 ebrei, come ricorda una targa. La Timpa dei Giudei a Santa Severina, la contrada Giudea a Isola Capo Rizzuto, la contrada Iudica a Caulonia, la contrada Giudecca a Tiriolo, il monte Giudeo e il casale Giudeo nei dintorni di Carpanzano, le contrade Acqua Judia e Judio Soprano (o Sottano) tra Carpanzano, Rogliano e Scigliano. Il Portello dei Giudei a Castrovillari e la Porta Giudecca a Corigliano–Rossano, che verosimilmente introducevano al quartiere giudaico cittadino.
Tra i luoghi simbolo della presenza ebraica in Calabria dobbiamo purtroppo citare pure il Campo di internamento di Ferramonti di Tarsia, costruito tra il giugno e il settembre 1940 e chiuso l’11 dicembre 1945, che con i suoi 4.000 prigionieri (non solo ebrei) divenne il più grande d’Italia. Ma la Calabria sconfisse l’Olocausto. Infatti a Ferramonti (che oggi ospita un Museo) l’umanità prevalse sulla follia antisemita e si registrarono solo 4 morti, vittime di uno scontro aereo.
Gli strettissimi legami tra la Calabria e l’ebraismo sono testimoniati dal lungo elenco di cognomi calabresi di chiara derivazione giudaica stilato dallo storico Vincenzo Villella (dai classici Abramo, Adamo, Anania, Davide, Elia, Giacobbe, Simone, Zaccaria ad Aiello, Mascaro, Di Lieto, Scalise, Ferraiolo, Ventura). Da certe usanze riconducibili alle radici ebraiche della Calabria, come il secolare rito dei rabbini che ogni estate giungono a Santa Maria del Cedro da tutto il mondo per selezionare i cedri DOP adatti al Sukkot (Festa delle Capanne). Come il fiocco rosso appeso nella culla dei neonati; la cena con tanto di candelabri per festeggiare il compleanno delle dodicenni e dei tredicenni; la benedizione degli sposi sotto una coperta prima di andare in chiesa; le sedie basse usate in occasione dei lutti; le candele accese il venerdì sera; la Stella di Davide appesa al collo di alcune anziane. Mentre la rabbina Barbara Aiello della sinagoga di Serrastretta sostiene che il 40% dei calabresi ha origine ebraiche.