Buonvicino (Cosenza), inserito nel Parco Nazionale del Pollino e nel circuito dei “Borghi più belli d’Italia”, sembra un presepe affacciato sulla vallata del torrente Corvino, che guarda, da lontano, la Riviera dei Cedri.
Il paese nasce alla fine del XIII secolo, quando gli abitanti di tre villaggi (Triggiano, Salvato e Trepidone) si trasferiscono nei pressi del monastero basiliano di Santa Maria dei Padri, dotato di terre fertilissime, dove in seguito fiorirà la coltivazione della canna da zucchero (XV-XVIII sec.) e l’allevamento del baco da seta (seconda metà Settecento). Terre donate (X sec.) dall’imperatore bizantino Michele IV il Paflagone all’abate Ciriaco, famoso taumaturgo e esorcista, poi divenuto Santo. Ma la storia di Buonvicino affonda le radici addirittura nella Magna Grecia. Infatti il prof. Franco Casella, profondo conoscitore del territorio, sostiene che la fortificazione magnogreca individuata in Piazza dei Greci (pianoro sull’inaccessibile rupe di “Sasso dei Greci“) è per certo la misteriosa Skidros o Scidro, localizzata da altri a Belvedere Marittimo, Sapri e altrove. Probabilmente, più che una città, una roccaforte, fondata (VI sec. a.C.) dalla potentissima Sibari per proteggere l’imbocco tirrenico della via istmica Sibari-Laos. Che (come racconta Erodoto, nel VI Libro delle “Storie”), quando Crotone distrusse Sibari (510 a.C.), accolse i profughi della madrepatria, insieme a Laos, altra subcolonia tirrenica sibarita (identificata a Marcellina, frazione di Santa Maria del Cedro). E che forse, proprio come Laos, sparì fiaccata nel tempo dai conflitti con i Lucani, da l’occupazione romana, le invasioni barbariche e le scorrerie saracene.
Sul cinquecentesco borgo buonvicinese veglia la monumentale statua bronzea di San Ciriaco di Buonvicino, venerato, con le sue reliquie (e la sua statua d’argento), nella Chiesa Madre cittadina (tardo Cinquecento), dove un affresco ricorda il miracolo di Marina, la figlia di Michele IV esorcizzata dal potente Monaco. A Buonvicino meritano una visita anche il Santuario della Madonna della Neve (XVIII sec.), sull’omonimo Monte, nonché i ruderi della sua vecchia struttura, visibili nei cosiddetti boschi “Santa Maria”. E ancora, il palazzo ducale (XVI-XVII sec.). L’edificio medioevale noto come “Castello” (XV-XVI sec.). Il Museo Arti Gusto Buonvicino, che, avvalendosi dei manufatti raccolti da Franco Casella, racconta la storia della comunità e che dedica una sala a Ippolito Cavalcanti (XVIII-XIX sec.), duca di Buonvicino, gastronomo dei Borboni e autore di un famoso libro di cucina (con circa mille ricette).
Sul territorio buonvicinese, caratterizzato da grotte, canyon, boschi (pini loricati, noci, noccioli, castagni, agrifogli), da cascate, sorgenti, corsi d’acqua (popolati dalla trota e il raro granchio di fiume), da abbondante fauna (aquile reali, corvi imperiali, poiane, falchi pellegrini, scoiattoli rossi, ghiri, ricci, donnole, faine, persino lupi appenninici) e selvaggina (volpe, lepre, cinghiale, capriolo appenninico), da fiori spontanei (orchidee, viole, calendule, genziane, campanule, narcisi, gladioli, ciclamini, i fiori di vulluto), funghi, frutti di bosco, da piante spontanee officinali, aromatiche (mirto, origano, salvia, lavanda, rosmarino) e edibili (cicoria, asparago e finocchio selvatici, lampascione), si snodano diversi itinerari naturalistici. Come quelli che portano al Santuario della Madonna della Neve (XVIII sec.), sul Monte omonimo e ai ruderi della sua vecchia costruzione, nei boschi “Santa Maria”. Alla Gola del Corvino, lunga un centinaio di metri e tappezzata di stalattiti, scavata dall’omonimo torrente (che lungo il suo corso attraversa vari ecosistemi). Alla Grotta di San Ciriaco (con annessa chiesetta). Alla faggeta del Serapodolo, abitata dal lupo.
Il paese, degno rappresentante dell’”Artusi del Sud d’Italia“, vanta un’ottima cucina tradizionale, fatta di pasta al forno, fusilli con sugo di capra, spezzatino e trippa di capra, capretto al forno, frittata di asparagi selvatici, baccalà e peperoni fritti. Chinule, zeppole e cannariculi a Natale. Tra i prodotti locali spiccano il fagiolo a Falce (o fagiolo Corno di Capra). I fichi (freschi, secchi e lavorati). Il miele di erica multiflora. Il vino IGT Calabria, il delizioso vino locale, l’olio di Calabria IGP. Il cedro e il peperoncino della Riviera dei Cedri. Le bontà del Pollino, come salumi (prosciutto, capocollo, pancetta, salciccia, soppressata) e prodotti della macellazione casalinga del maiale. Formaggi (provola, burrino, pecorino, caciocavallo, cacioricotta, ricotta affumicata e infornata, felciata, giuncata, paddaccio). Funghi (freschi, secchi, sott’olio, in salamoia). Tartufi. Il vino di Verbicaro (Bianco DOC, Rosato IGT, Rosso DOC).
Può essere che non conosca appieno la storia di Buonvicino, ma credo di cogliere delle inesattezze nel Vs. scritto e cioè:
-chiesa Madonna del Rosario;
-chiesa Madonna delle Grazie;
-convento dei Padri Cappuccini;
questi siti, penso si trovino a Belvedere M.mo.